IL MINISTERO DEL LETTORE
Affinché l'ascolto delle Scritture nella liturgia sia un atto di tutta la comunità, il lettore dev'essere il primo ascoltatore del testo che legge: solo se sarà un buon ascoltatore sarà anche un buon lettore. Egli stesso è chiamato ad ascoltare la Parola di Dio nel momento in cui la legge con e per gli altri; ascolta insieme all'assemblea e non si limita a leggere per l'assemblea.
«Memore della dignità della parola di Dio e dell'importanza del suo ufficio, il lettore curi assiduamente le modalità di una corretta dizione e pronunzia, affinché la Parola di Dio sia chiaramente percepita dai partecipanti. Quando poi annunzia agli altri la divina Parola, la accolga docilmente anche lui e la mediti con attenzione, così da darne testimonianza con il suo comportamento» (Caerimoniale Episcoporum, 32).
Proclamare la Scrittura nella liturgia è far sì che la Parola si incida in noi tramite la voce di uno o di una e l'ascolto di tutti. È un grande atto di fede nei confronti dell'economia trinitaria; attraverso il soffio dello Spirito Santo, l'ascolto genera in ognuno di noi il Verbo, Parola rivolta a tutti. Come nel passato anche oggi la Parola, celebrata nell'assemblea liturgica, giunge attraverso la mediazione di chi se ne fa servitore, è sempre una Parola incarnata nella persona del lettore che la proclama e nell'assemblea che l'accoglie. Il lettore, istituito o di fatto, è ministro della proclamazione della Parola: deve pro-clamare, cioè dire ad alta voce, a nome di un Altro e a favore di altri.
Chi esercita questo ministero dovrebbe avere grande senso di responsabilità.
La Parola di Dio non può essere sprecata per improvvisazione, disattenzione o superficialità: lettura frettolosa, dizione approssimativa o dialettale, infantilizzazione perché si ricorre al baby-lettore.
Il lettore è chiamato a una mediazione obiettiva e umile, non deve attirare su di sé l'attenzione dei fedeli con toni retorici, drammatici, patetici, da attore. Una lettura puntuale e chiara esalta la Parola; una lettura sciatta o puerile la vanifica; una riconosciuta testimonianza di vita la rafforza; la palese contraddizione con la condotta morale la indebolisce.
L'esistenza dei lettori è un'esigenza ecclesiale imprescindibile: l'assemblea liturgica non può fare a meno dei lettori, anche se non istituiti per questo compito specifico» (OLM 52). Perciò ogni comunità cristiana dovrebbe preoccuparsi di dare una risposta ben precisa a tale esigenza, perché senza lettori si impoverisce il senso ecclesiale della ministerialità liturgica e la celebrazione della Parola di Dio rischia di essere monopolizzata dal presbitero celebrante o ridotta all'improvvisazione del primo (o dell'ultimo) che capita. Se la Parola creatrice di Dio arriva o no alle orecchie, e soprattutto al cuore dell'assemblea radunata nel Suo nome, questo dipende anche da chi, proclamandola nella liturgia, dà voce alla Scrittura.
Dignità della Parola di Dio: idoneità del lettore
Quale grande responsabilità per coloro che sono chiamati a svolgere tale ministero! La proclamazione della Parola non può essere affidata a un qualsiasi membro dell'assemblea all'ultimo momento. Non si può improvvisare una lettura così impegnativa, occorre una seria e adeguata formazione a tale compito: «Perché i fedeli maturino nel loro cuore, ascoltando le letture divine, un soave e vivo amore della sacra Scrittura, è necessario che i lettori incaricati di tale ufficio, anche se non ne hanno ricevuta l'istituzione, siano veramente idonei e preparati con impegno» (OLM 55; OGM 101).
Il lettore, uomo o donna, «nella celebrazione eucaristica ha un suo ufficio proprio che egli stesso deve esercitare» (OGMR 99); «Il compito di proclamare le letture, secondo la tradizione, non è competenza specifica di colui che presiede, ma di altri ministri» (OGMR 59). Si tratta di un vero ministero liturgico, come ricorda la costituzione Sacrosanctum Concilium: «Anche i ministranti, i lettori, i commentatori e i membri della "schola cantorum" svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con quella sincera pietà e con quel buon ordine che conviene a un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che tali persone siano educate con cura, ognuna secondo la propria condizione, allo spirito liturgico, e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine» (SC 29).
Chi avesse piacere svolgere questo servizio durante le messe festive (sabato/vigilia e domenica)
lo comunichi a don Tiziano.